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FROZEN RIVER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 aprile 2009
 
di Courtney Hunt, con Melissa Leo, Misty Upham, Charlie McDermott (Stati Uniti, 2008)
 
FROZEN RIVER è il fiume dalla crosta ghiacciata, sulla quale ci si può avventurare a proprio rischio e pericolo. È il San Lorenzo, che segna il confine tra gli Stati Uniti e il Canada; ed è anche la frontiera, diversamente agghiacciante, che separa il mondo dei benestanti (molto relativi, come qui) che ancora si fa qualche illusione sull'indomani, da quello dei disperati.

Negli ultimi tempi il cinema si è chinato con un'attenzione particolare sulla figura dell'immigrante clandestino. Spesso con risultati artistici notevoli, come nel caso di BABEL, di Inarritu; o di IL MATRIMONIO DI LORNA, recente capitolo dello splendido ciclo iniziato dai fratelli belgi Dardenne con LA PROMESSA. Così come da sempre, il grande cinema sociopolitico di Ken Loach, fino al suo ultimo IT'S A FREE WORLD; o, ancora, il film terribile di un altro inglese, IN THIS WORLD di Michael Winterbottom. Grandi riuscite umanistiche, alterne fortune commerciali; poiché non sempre allo spettatore occidentale preme confrontarsi con la propria coscienza, ma sempre nel desiderio di accostarsi all'umiliazione e allo stato di terrore latente in milioni d'individui; come anche agli interrogativi, ai dubbi e alle ambiguità di chi si situa all'interno delle barriere delle cosiddette terre di accoglienza, incerto nel giudicare i confini che separano le vittime e gli aguzzini. Alla lista si aggiunge questa piccola perla; premiata al Sundance e sostenuta da Tarantino, ma nata da una giovane regista alla sua prima opera e prodotta dal cinema indipendente.

La frontiera, mi direte, è di quelle di sempre: da sfidare, una volta con il contrabbando di sigarette, ora con il traffico degli individui. A distinguere quella di FROZEN RIVER è che la frontiera separa due situazioni apparentemente inconciliabili, due miserie altrettanto tragiche dell'oggetto dei loro traffici. Due donne, due società destinate a nemmeno rivolgersi la parola; ma costrette, per sopravvivere, a sfidare l'infida superficie del San Lorenzo per trasportare qualche clandestino altrettanto miserabile. Bianca, la prima, ma di quelle (le rughe memorabili della Melissa Leo di 21 GRAMMI e di TRE SEPOLTURE) dimenticate mentre si consumano nella roulotte sgangherata dal vento dei trenta gradi sottozero, i figlioli da accontentare con la Playstation natalizia e un marito che i quattro spiccioli da lei racimolati alla caffetteria se li gioca al bingo. Indiana dei Mohawks, la seconda, che è come dire altra solitudine nel vuoto più totale, quello della terra di nessuno della riserva.

Thriller e film d'azione, dialoghi e situazioni tagliate con l'accetta; in una finzione abbarbicata ai rapporti umani, che avanza incalzata dalla medesima rabbia, affonda nella medesima disperazione stagnante di quel gelo sporco, così distante da Hollywood e Wall Street. Così diverso un Sogno dal quale ci si è risvegliati da tempo; quando il pieno di benzina lo si misura sulle monetine che ci si ritrova ancora nelle tasche. Fine del melting pot, dove il bianco serve solo a non farsi arrestare dai poliziotti bianchi e il giallo a conquistarsi la fiducia dei mercanti d'immigrati. Consolazione non confessata nella famiglia, solidarietà fra le donne, sopravvivenza fra le madri, ai confini del gelo radicato nei mali della nostra società.


   Il film in Internet (Google)

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